La storia di Ravello

In uno dei punti di più ampia vista sul golfo, adagiata sul contrafforto che divide la valle del dragone da quella del Reginna, è Ravello: la gemma più preziosa della penisola amalfitana, ed alla quale si perviene attraverso una delle strade di più suggestiva bellezza. Ne avvertì l'arcana magia e ne immortalò il ricordo Giovanni Boccaccio, che ebbe vari amici a Ravello, tra cui Angelo da Ravello "optimus atque venerabilis vir et amicus" ed al quale non doveva essere ignoto questo "dilettevole lembo della costa di Amalfi", se all'inizio della quarta novella della seconda giornata del suo "Decamerone" così rappresentava lo splendore fantastico del paesaggio. "Credesi che la marina da Reggio a Gaeta sia quasi la più dilettevole parte di Italia, nella quale, assai presso a Salerno, è una costa sopra 'l mare riguardante, la quale gli abitanti chiamano la costa d'Amalfi, piena di picciole città, di giardini e di fontane, e d'uomini ricchi e procaccianti in atto di mercatanzia, si come alcuni altri: tra le quali città dette, n'è una chiamata Ravello..." La tradizione la vuole fondata dai Roani nel VI secolo durante la seconda guerra gotica. Menzionata sin dal IX secolo come possedimento della Repubblica Amalfitana, "essendosi nel 1081 il normanno Guiscardo mosso alla spedizione d'oriente contro l'imperatore Alessio Comeno, gli Amalfitani sottraendosi dal di lui dominio si crearono un proprio doge; a i nobili Ravellesi trincierati nel Toro vollero restar fedeli ai Normanni dandosi al duca Ruggieri: Per tale fatto gli Amalfitani appellarono dappoi quel luogo Rebello. Il duca Ruggieri in premio della fedeltà trovata ne' Rebellesi e per far onta agli Amalfitani, cooperossi presso il Papa Vittore III, che rattrovavasi in Capua, d'innalzare quella città a vescovado, esentandola dal metropolitano di Amalfi, e soggettandola immediatamente al Papa". Quindi elevata a sede vescovile nel 1086, venne unita da papa Clemente VIII nel 1063 a quella di Scala e nel 1084 soppressa ed incorporata alla diocesi di Amalfi da Pio VII. Durante il primo sacco dato ad Amalfi dai Pisani il 6 agosto 1135, il suo castello di Fratta resistette dando tempo a Ruggiero il Normanno di giungere a sconfiggere gli invasori. I Pisani si vendicarono nel luglio del 1137 devastandola orribilmente per tre giorni. Ravello fece sempre parte del ducato di Amalfi seguendone le sorti durante la sua autonomia e anche quando diventò feudo. Alla fine dell' XI secolo contava circa 36.000 abitanti e annoverava 13 parrocchie, 4 monasteri ed un ospedale. Definita "opulentissima, munitissima ed inespugnabile" al pari della vicina Scala, nel XIII secolo fu abitata da un gran numero di nobili - tra questi ricordiamo la famiglia Rufolo che lo stesso Boccaccio nel menzionare Ravello scrive : "nella quale, come oggi v'abbia ricchi uomini, ve n'ebbe già uno il quale fu ricchissimo chiamato Landolfo (probabilmente riferendosi a Lorenzo) Rufolo" - tanto che moltissime persone "bramarono di essere ascritti al suo Sedile dei Nobili". Dopo il terribile saccheggio operato dai Pisani, la città cominciò a spopolarsi finchè verso la fine del XIII secolo "essa vide avvicinarsi l'ora della sua decadenza". Era rinomata per le sue tintorie tanto che nel 1294 Carlo II concesse ai Ravellesi il monopolio di quell'industria. Tutta la produzione laniera, cotoniera e frustagnera del ducato di Amalfi non potè essere tinta che negli stabilimenti di Ravello. Il privilegio fu confermato da Giovanna II allorchè la potente famiglia d'Afflitto cercò di impiantare una tintoria nei pressi di Scala. L'industria della tintoria incominciò a perdere la sua importanza dal XV secolo, per poi scomparire probabilmente per la peste del 1656: Vani furono i tentativi del vescovo Chiarelli nel 1750 di farla rivivere.